G come… giglio!

G come… giglio!

«Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso» (Mt 6,25-34). Cercavamo solo il vocabolo “giglio”, ma questa volta bisognava citarlo per intero il brano. Per capire che pensieri “provvidenziali” dovrebbero venirci ogni volta che ci capitasse di incrociare con uno sguardo un giglio, di campo, montagna o giardino che sia. Eppure, a parte questa e pochissime altre ricorrenze, il libro biblico che contiene di più questa parola è… il Cantico dei Cantici. Dove il nostro fiore entra di prepotenza nel linguaggio amoroso più o meno allusivo, ad accompagnare con il suo colore e il suo profumo le vicende dei due innamorati: «Io sono un narciso della pianura di Saron, / un giglio delle valli. / Come un giglio fra i rovi, / così l’amica mia tra le ragazze» (Ct 1,1-2); «I tuoi seni sono come due cerbiatti, / gemelli di una gazzella, / che pascolano tra i gigli» (Ct 4,5); «le sue labbra sono gigli / che stillano fluida mirra» (Ct 5,13; cf. 6,2; 7,3). Che poi di rapporto d’amore tra Dio e ognuno di noi si tratti, lo specifica il Siracide: «Come incenso spargete buon profumo, / fate sbocciare fiori come il giglio, / alzate la voce e cantate insieme, / benedite il Signore per tutte le sue opere» (Sir 39,14).
Colpisce allora che Francesco e Chiara, che alla provvidenza ci credevano davvero e altrettanto erano osservatori attenti di fiori e alberi, non citino mai i gigli del versetto del brano di Matteo (li ritroviamo solo in Priv 6: FF 3279). Mentre vengono citati significativamente i gigli del Cantico dei Cantici: «al frate che lavorava l’orto [Francesco] diceva di non coltivare tutto il terreno solamente per le erbe commestibili, ma che ne lasciasse qualche parte libera di produrre erbe verdeggianti, che alla loro stagione producessero i fratelli fiori; e ciò per amore di Colui che è chiamato fiore del campo e giglio delle valli» (Spec 118: FF 1818). Intuiamo allora perché, e cioè solo per amore, il giglio diventi simbolo della castità. Il «il fragrante giglio della verginità» di santa Chiara (BolsC 2: FF 3282).
(Alfabeti improbabili. A zonzo tra Bibbia e Fonti Francescane/70)

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ARTICOLO DI: Fabio Scarsato

“Fra Fabio Scarsato – Originario di Brescia, frate minore conventuale, è appassionato di san Francesco e francescanesimo, che declina come stile di vita personale e come testimonianza agli altri. È passato attraverso esperienze caritativo-sociali con minori e giovani in difficoltà, esperienze parrocchiali e santuariali nella trentina Val di Non (Sanzeno e S. Romedio), di insegnamento della spiritualità francescana, condivisione di esercizi spirituali e ritiri, grest e campiscuola anche intereligiosi, esperienze di eremo e silenzio. Attualmente vive al Villaggio S. Antonio di Noventa Padovana, ed è direttore editoriale del Messaggero di S. Antonio, del Messaggero dei ragazzi e delle Edizioni Messaggero Padova.”

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