Gv 4,5-42

era circa mezzogiorno

era circa mezzogiorno

 «In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe.
Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno.
Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù… […]
Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto».
E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni.
Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano:
«Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo» (Gv 4,5-42 passim).

«Il muretto di un pozzo fa riposare Cristo.
Signore, che posso darti per il tuo riposo?
Molti non capiscono come il valore di una cosa consista nel servizio che rende.
Se mi ferma, mi deruba e mi diminuisce: è quindi una povera cosa anche se pesa molto su le nostre bilance.
Anche un niente, se mi sorregge e mi porta verso il bene, ha un pregio inestimabile.
Un muretto può riposare meglio di un cuore, meglio del mio cuore.
Son geloso di te, muretto del pozzo di Sichar.
Facendo riposare il Signore mi insegni che per fare il bene ci vuole poco.
Basta sorreggere la stanchezza che cerca, la stanchezza che attende, la stanchezza che ama.
E di stanchezza sono piene, oggi, tutte le nostre strade»
(don Primo Mazzolari, La Samaritana, 1943).

Questa citazione ha 74 anni. E’ così vera ed attuale anche oggi. Perché è un distillato di saggezza di un cuore innamorato di Dio. E di Cristo. Un invito alla lettura per riscoprire una lunga ma commovente meditazione sul vangelo della Samaritana: personalmente, non ho mai letto nulla di più bello in materia…

III domenica di Quaresima, anno A– «Era circa mezzogiorno»: gli eventi importanti della nostra vita ce li ricordiamo benissimo, sappiamo anche l’orario.
Giovanni evangelista ama questi riferimenti temporali, perché parlano di vita vera, esperienza vissuta, non favola o racconto: «Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: “Che cosa cercate?”. Gli risposero: “Rabbì – che, tradotto, significa Maestro -, dove dimori?”. Disse loro: “Venite e vedrete”. Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio» (Gv 1,38-39); «[Nicodemo] andò da Gesù, di notte, e gli disse: “Rabbì, sappiamo che sei venuto da Dio come maestro; nessuno infatti può compiere questi segni che tu compi, se Dio non è con lui”…» (Gv 3,2); «[Quell’uomo] volle sapere da loro a che ora [suo figlio] avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: “Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato”. Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: “Tuo figlio vive”, e credette lui con tutta la sua famiglia» (Gv 4,52-53); «[Giuda ], preso il boccone, subito uscì. Ed era notte»  (Gv 13,30); «Era la Parasceve della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: “Ecco il vostro re!”. Ma quelli gridarono: “Via! Via! Crocifiggilo!”» (Gv 19,14), solo per qualche esempio…

In un crescendo di scoperte, tre sono i temi portanti di questo brano evangelico:
a) Il dono dell’acqua viva. Non la storia di Israele (il «pozzo» di Giacobbe: cf. vv. 5-6), né la legge (l’«anfora abbandonata»: cf. v. 28) danno la vita eterna, ma la persona di Cristo e l’effusione dello Spirito(cf. vv. 1 3-14).
b) L’adorazione autentica del Padre. Dalla materialità del «luogo» sacralizzato (cf. vv. 20-2]), il credente è chiamato a elevarsi all’«adorazione in spirito e verità» (cf. vv. 2 ] -24). Gesù non condanna il culto esteriore, ma insegna a interiorizzarlo: lo «spirito» è il principio di una preghiera viva, sostanziata della «verità» che è il Cristo stesso.
c) L’universalità della salvezza. Cibo di Gesù è «fare la volontà del Padre», volontà di salvezza (cf. vv. 34-38). La fede spontanea dì questi vicini scomodi che sono i samaritani, aperti a una salvezza che non è più solo quella di un popolo, ma è del «mondo» intero (cf. vv. 39-42), prelude alla fede «a distanza» dei pagani, che crederanno senza bisogno di vedere (ne sarà esempio il funzionario regio: cf. Gv 4,46-53).

E l’incontro di fede genera la missione: con la Samaritana siamo destati da una chiusa grettezza di vita dalla quale vorremmo distogliere l’attenzione (cf. Gv 4,16-1 8), per giungere alla consapevolezza di noi stessi (cf. 4,1 9.29), fino all’apertura della testimonianza nella comunità(cf. 4,28-29). Gesù rompe gli schemi umani perché la salvezza irrompa ovunque: ecco che un luogo sacro, triste memoria dì contesa fra due popoli, si fa fonte di pace; ecco che il mondo intero, nello «spirito», si fa tempio di Dio; ecco che una creatura doppiamente discriminata, perché appartenente a un popolo di scomunicati e perché donna (i rabbini non insegnavano alle donne, ritenendo, questo, tempo sprecato), si fa strumento di grazia presso i suoi.

Un incontro marginale e quasi inosservato trasforma una donna ai margini della società e delle relazioni del villaggio di Sicar in una missionaria forse inconsapevole ma certamente entusiasta! E molti grazie alla sua corsa precipitosa in paese, crederanno per la loro personale esperienza di Cristo.

Bella la testimonianza di Bibbia Francescana che ci rimanda – a partire da questa vicenda di Gesù con la Samaritana – alla celebre lettera di Giacomo da Vitry che narra (prima del 1221) l’esperienza iniziale della fraternità francescana (FF 2218):

«Si adoperano poi [i frati] con tanta diligenza a rinnovare in sé la religione, la povertà e l’umiltà della Chiesa primitiva – attingendo con sete e ardore di spirito alle acque pure della sorgente del Vangelo – che si affaticano in tutti i modi ad attuare non soltanto i precetti, ma anche i consigli evangelici, imitando così più chiaramente la vita apostolica. Rinunciando a ogni proprietà, rinnegano se stessi e, prendendo la loro croce, nudi seguono Cristo nudo. Come Giuseppe, lasciano la veste; come la Samaritana, la loro anfora, e corrono spediti. Camminano davanti al volto del Signore, senza mai riguardare indietro. Dimentichi delle cose passate, si protendono sempre in avanti con passi incessanti, e volano come le nubi o come e colombe verso le loro colombaie, premunendosi con ogni diligenza e cautela perché non vi entri la morte. Il signor papa ha confermato la loro Regola e li ha autorizzati a predicare in qualunque chiesa dove capitassero, dopo avere tuttavia domandato, per riverenza, il consenso ai prelati del luogo. Vengono mandati a due a due a predicare come davanti alla faccia del Signore, quasi per preparare il secondo avvento di lui».

Francesco d’Assisi invece richiama esplicitamente la pagina di Giovanni nell’Ammonizione III:

«DELL’AMORE DI DIO E DEL SUO CULTO – Amiamo dunque Dio e adoriamolo con cuore puro e mente pura, poiché egli stesso, ricercando questo sopra tutte le cose, disse: «I veri adoratori adoreranno il Padre nello spirito e nella verità» (Gv 4,24). Tutti infatti quelli che lo adorano, bisogna che lo adorino nello spirito della verità. Ed eleviamo a lui lodi e preghiere giorno e notte, dicendo: «Padre nostro, che sei nei cieli», poiché bisogna che noi preghiamo sempre senza stancarci».

 

 

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ARTICOLO DI: Andrea Vaona

“fr. Andrea Vaona - francescano conventuale, contento di essere frate. Nato sul limitare della laguna veneta, vive in città con il cuore in montagna, ma volentieri trascina il cuore a valle per il servizio ministeriale-pastorale in Basilica del Santo a Padova e con l'OFS regionale del Veneto. Scrive (poco) e legge (molto). Quasi nativo-digitale, ha uno spazio web: frateandrea.blogspot.com per condividere qualche bit e idea.”

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