Fuggire?

Fuggire?

Mi piace pensare che a tutti può capitare di dire: «Me ne andrei lontano da tutto e da tutti»… magari portandosi anche la Bibbia, qualche buon libro, oltre al necessario per vivere.

A volte questo desiderio può rivelare un reale bisogno di ritagliarsi qualche giorno di preghiera, infatti, come sappiamo, solitudine e silenzio ne sono “ingredienti” importanti. Sia Gesù che Francesco hanno vissuto dei tempi di preghiera ed è, quindi, lecito anche per noi nutrire questo desiderio, anche per un periodo più prolungato.

A volte, però, dietro a quella frase può nascondersi la tentazione di fuggire dalle fatiche che ciascuno di noi vive, siano esse familiari, comunitarie, di lavoro, di studio, relazionali. Allora si fanno vere le parole del salmo 55: «Ecco, errando, fuggirei lontano, abiterei nel deserto. In fretta raggiungerei un riparo dalla furia del vento, dalla bufera» (Sal 55,8-9).

Ebbene si, quando nella nostra vita ci sono dei problemi o delle fatiche che ci sembrano superiori alle nostre forze, che sembrano toglierci la pace e la gioia di vivere, la tentazione di allontanarsi dai problemi si fa forte. Che fare? Soddisfare o no la tentazione?

Ci viene in aiuto san Francesco che nella Lettera a un ministro così scrive: «A frate N… ministro. Il Signore ti benedica! Io ti dico, come posso, per quello che riguarda la tua anima, che quelle cose che ti sono di impedimento nell’amare il Signore Iddio, ed ogni persona che ti sarà di ostacolo, siano frati o altri anche se ti coprissero di battiture, tutto questo devi ritenere come una grazia. E così tu devi volere e non diversamente. E questo tieni in conto di vera obbedienza da parte del Signore Iddio e mia per te, perché io fermamente riconosco che questa è vera obbedienza. E ama coloro che agiscono con te in questo modo, e non esigere da loro altro se non ciò che il Signore darà a te. E in questo amali e non pretendere che diventino cristiani migliori. E questo sia per te più che stare appartato in un eremo» (FF 234)

Francesco risponde a un ministro che pare aver fatto richiesta di poter andare in un eremo e lo mette in guardia proprio dalla tentazione della fuga, di trovare una soluzione prima di compromettersi con la realtà concreta nella quale, per quanto pesante, deve essere cercato il modo di fare la volontà di Dio e di amare. Rimanere nella situazione e assumerla è meglio che andare in un eremo, proprio perché in questo caso sarebbe solo una via di fuga.

Il Signore ci doni sempre la forza di rimanere nelle fatiche, grandi o piccole, che la vita ci presenta e di saperci affidare a Lui per affrontarle.

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ARTICOLO DI: Raffaella Cavalera

“Raffaella Cavalera, licenziata in Teologia spirituale, presso la Facoltà Teologica del Triveneto.”

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