Mt 11,28-30

Ristorarsi

Ristorarsi

Nell’ultimo periodo diverse cose vissute mi hanno fatta riflettere sull’importanza di avere un “luogo” in cui trovare ristoro.

Nel Vangelo Gesù dice: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro» (Mt 11,28). È Lui, quindi, il primo “luogo” nel quale potersi ristorare: è bello stare davanti a Lui al mattino presto, prima di affrontare tutti gli impegni della giornata, mettersi in ascolto della Sua Parola e alla sera fermarsi con Lui e deporre nelle Sue mani tutto quello che abbiamo vissuto… davvero, se ci lasciamo andare, se “molliamo le redini”, possiamo sperimentare il riposo, non solo fisico, ma spirituale.

Se Gesù è al centro possiamo fare esperienza di ristoro anche in una famiglia, in una comunità, nelle relazioni significative. Gesù stesso, vero uomo, vive questo ristoro nella “casa di Betania”. Più volte si reca lì (Lc 10,38-42), instaura con Marta, Maria e Lazzaro relazioni di amicizia profonda, tanto che, alla morte di Lazzaro, Gesù piange (Gv 11,33.38). Lo ritroviamo in questa casa prima della Sua passione (Gv 12,1-8) mentre “consuma” una cena con loro, lasciandosi servire da Marta e ungere con il nardo da Maria. È bello pensare che Gesù si rechi lì proprio per trovare riposo, per godere della bellezza della loro amicizia e, quindi, attingere forza, prima di affrontare la cruenta passione e la solitudine estrema.

Francesco trova ristoro principalmente nella preghiera e nella relazione con il Signore, ma gli sta a cuore che le relazioni tra i frati possano essere “luoghi” di riposo. «E ovunque sono e si incontreranno i frati, si mostrino familiari tra loro reciprocamente. E ciascuno manifesti con fiducia all’altro le sue necessità, poiché se la madre nutre e ama il suo figlio carnale, quanto più premurosamente uno deve amare e nutrire il suo fratello spirituale?» (Rb VI,7-8: FF 91).

È solo nelle relazioni significative (familiari, comunitarie, di amicizia) che possiamo stare uno di fronte all’altro senza maschere, senza difese, proprio come di fronte al Signore, e condividere in profondità a più livelli con il solo desiderio di nutrirsi l’un l’altro e crescere insieme umanamente e spiritualmente.

C’è anche una familiarità più semplice che i frati sperimentano a ogni loro incontro: «Ogni volta che in qualche luogo o per strada, come poteva accadere, si incontravano, era una vera esplosione del loro affetto spirituale, il solo amore che sopra ogni altro amore è fonte di vera carità fraterna. Ed erano casti abbracci, delicati sentimenti, santi baci, dolci colloqui, sorrisi modesti, aspetto lieto, occhio semplice, animo umile, parlare cortese, risposte gentili, piena unanimità nel loro ideale, pronto ossequio e instancabile reciproco servizio» (1Cel XV,38: FF 387). Lì dove c’è affetto, rispetto, semplicità, cortesia, comunione, umiltà ciascuno può trovare riposo per la propria vita.

Il Signore ci doni di poter fare esperienza di ristoro con Lui, ma anche in “luoghi” e relazioni significative e di saperlo, poi, offrire anche agli altri.

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ARTICOLO DI: Raffaella Cavalera

“Raffaella Cavalera, licenziata in Teologia spirituale, presso la Facoltà Teologica del Triveneto.”

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