Per le sacre stimate di s. Francesco d’Ascisi + briciole francescane nella… rete – 1 –

Per le sacre stimate di s. Francesco d’Ascisi + briciole francescane nella… rete – 1 –

Internet offre un catalogo sterminato di curiosità di ogni tipo, e pertanto anche francescane. Proponiamo in questa rubrica alcune di queste briciole che incontriamo più o meno casualmente intrappolate nelle maglie della rete… internet!

17 settembre, Festa delle stimmate di san Francesco.

Per le sacre stimate di s. Francesco d’Ascisi (di FRANCESCO ANTONIO CAPPONE)

Mentre in alpestro e solitario monte
orava il santo in estasi rapito,
e contemplava quanto ha Dio patito,
quanto ha per noi sofferto ingiurie ed onte,
d’un serafin le luci eccogli pronte,
che di Cristo il dolor fergli scolpito;
si dolse ei sì, ma fu ch’avria gradito
aver punta di spine ancor la fronte.

Or non più Mongibel fia che si vante,
di fuor serbando il gelo e ’n sen l’ardore,
per un varco spirar fiamme cotante;
ché Francesco l’ardor ch’avea nel core,
entro nevi di pallido sembiante,
spira per cinque bocche Etna d’amore.

PARAFRASI – Mentre su una montagna alpestre e solitaria il santo pregava, rapito nell’estasi, e contemplava quante sofferenze il Signore abbia dovuto patire, quante ingiurie e offese ha subito per (salvare) noi, ecco che gli giunsero improvvisi i raggi di luce di un serafino, che gli scolpirono (sul corpo) il dolore di Cristo; si lamentò, certo, ma perché avrebbe preferito che anche la fronte gli venisse trafitta dalle spine. Adesso non potrà più vantarsi il Mongibello (l’Etna), che è tutto gelato all’esterno e pieno di fuoco nel proprio seno, di far uscire da un (solo) varco tanto grandi fiamme; perché Francesco, l’ardore che aveva nel cuore, entro una carnagione bianca come la neve, fa uscire da (ben) cinque bocche (come) un Etna d’amore

COMMENTO – Il miracolo delle stimmate, impresse sul corpo di san Francesco assorto in preghiera nella solitudine della Verna, è associato all’immagine di un vulcano, ardente all’interno e gelido di neve sulle sue pendici; anzi, se il vulcano emette il suo fuoco da una sola bocca, le piaghe di Francesco sono cinque. L’iperbole barocca delle immagini, dai violenti contrasti su cui domìna quello tra fuoco e gelo, tra ardore e pallore, si accompagna al gusto secentesco per le visioni dolorose e cruente della religione penitenziale, tanto comuni anche nella pittura del tempo. Benché la loro spontaneità rimanga alquanto scarsa, in una lettura ad alta voce i versi eloquenti del sonetto – dalla musicalità severa e solenne, quasi da inno liturgico – si potrebbero isolare a uno a uno come dardi di luce, simili a quelli del serafino che folgora il santo.

BIO AUTORE – Francesco Antonio Cappone (Conza della Campania, Avellino, 1598 – probabilmente Napoli 1675), sacerdote, studioso dei poeti latini e greci, rinunzia al canonicato e vive di preferenza a Napoli, dove si fa conoscere per le sue opere ed è membro dell’Accademia degli Oziosi, creata nel 1611 da Giovan Battista Manso. La sua ricca produzione comprende poesie religiose e dediche a personaggi illustri, ecclesiastici e laici. Le Poesie liriche – di cui fa parte il sonetto – sono pubblicate a Napoli nel 1643 e ristampate a Venezia nel 1663 e nel 1675; pure a Venezia appaiono nel 1670 le Liriche parafrasi sopra tutte l’Ode d’Anacreonte e sopra alcune altre poesie di diversi lirici greci e nel 1675 Delle seconde liriche parafrasi sopra l’Ode e gli Epodi di Q. Orazio.

fonte: Treccani.it

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ARTICOLO DI: Andrea Vaona

“fr. Andrea Vaona - francescano conventuale, contento di essere frate. Nato sul limitare della laguna veneta, vive in città con il cuore in montagna, ma volentieri trascina il cuore a valle per il servizio ministeriale-pastorale in Basilica del Santo a Padova e con l'OFS regionale del Veneto. Scrive (poco) e legge (molto). Quasi nativo-digitale, ha uno spazio web: frateandrea.blogspot.com per condividere qualche bit e idea.”

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