Lc 9,57-62

La sequela

La sequela

Il Vangelo che oggi la liturgia ci propone (Lc 9,57-62) ci dà la possibilità di riflettere sulla sequela.

Il primo “tale”, con grande slancio, dice a Gesù che lo seguirà dovunque e la risposta sembra quasi voler spegnere il suo entusiasmo: «Il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». In realtà Gesù desidera sottolineare che chi vuole seguirlo è chiamato a non avere altra sicurezza che Lui, non avere altro riposo che in Lui.

Gesù, poi, rivolge l’invito a seguirlo ad altri due, che si dimostrano disponibili, ma uno chiede di poter prima seppellire i morti e l’altro di poter salutare prima i suoi familiari. Gesù fa capire che Lui e l’annuncio del Suo regno hanno la priorità su tutto. La sequela richiede un rovesciamento della scala di valori.

Francesco capisce bene tutto questo. Infatti, quando a Spoleto, avverte in sogno la voce del Signore che gli dice, tra l’altro, di tornare in Assisi, al mattino «egli ritorna in fretta alla volta di Assisi, lieto e sicuro» (LegM I,3: FF 1032). Da quel momento Francesco pone Dio e la sua volontà al di sopra di tutto: vende i suoi averi, si lascia incontrare dal lebbroso (cf. LegM I,5: FF 1034), si lascia incontrare e trasformare da Cristo nella preghiera, pone in Lui la sua fiducia.

Dinanzi alla persecuzione del padre, Pietro di Bernardone, e alla sua non accoglienza della scelta del figlio, Francesco trova nel Signore la forza per spogliarsi dei suoi abiti davanti a lui, al vescovo di Assisi e alla gente che si trovava in piazza: «Poi, inebriato da un ammirabile fervore di spirito, depose anche le mutande e si denudò totalmente davanti a tutti dicendo al padre: “Finora ho chiamato te, mio padre sulla terra; d’ora in poi posso dire con tutta sicurezza: Padre nostro, che sei nei cieli, perché in Lui ho riposto ogni mio tesoro e ho collocato tutta la mia fiducia e la mia speranza”» (LegM II,4: FF 1043).

Si potrebbe pensare che la sequela richieda una dis-umanizzazione, ma non è così. Tutto sta in quella parolina del Vangelo: “prima”. Francesco pone Gesù e la sua volontà prima di tutto e questo gli permette di lasciarsi trasformare nei suoi affetti, nelle sue relazioni.

Questo viene chiesto a ogni battezzato che sceglie di seguire il Signore, ciascuno secondo la propria vocazione: mettere il Signore al centro della nostra vita, al centro delle nostre relazioni, lasciando che Lui le trasformi. Non più relazioni interessate, basate sul “do ut des” o vissute come “eterni bambini”, ma relazioni adulte vissute con il desiderio di crescere insieme in umanità, in fede, nella sequela del Maestro e nell’annuncio del Suo regno. Il Signore ci doni  il coraggio di metterlo al centro della nostra vita e in cima alla nostra scala di valori.

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ARTICOLO DI: Raffaella Cavalera

“Raffaella Cavalera, licenziata in Teologia spirituale, presso la Facoltà Teologica del Triveneto.”

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