Frutto della misericordia è la gratitudine (santa Chiara)

Frutto della misericordia è la gratitudine (santa Chiara)

«E tu, Signore, sii benedetto che mi hai creata» (Proc 3,20: FF 2986): sono queste le ultime parole di Chiara morente.
C’è un freschezza particolare in quest’espressione… una lode a Dio Creatore, che dà la vita come impulso iniziale, senza più sottrarre il suo sguardo da tutto ciò che esiste.
Chiara non è certo filosofa, eppure al culmine della sua esperienza terrena va’ all’origine delle cose e guarda il suo Dio come l’Unico Essere capace di imprimere in lei un’energia eterna; lo vede Creatore, da sempre e per sempre!
Da qui la gratitudine: in ultima analisi, non sono i doni che ha ricevuto da Dio – anche grandi e straordinari, come l’affetto e la stima delle massime autorità della Chiesa! – a farle pronunciare questa benedizione finale. Ma solo il riconoscimento dell’immenso Dono che è la vita. E non solo perchè senza la vita non ci sarebbe nient’altro… Piuttosto, credo, perchè proprio nell’esistenza quotidiana, vissuta giorno per giorno, Chiara ha trovato gioia, senso, bellezza, pace!
Cosa c’era a S. Damiano se non VITA, e basta?
Lo diceva già Raimundo Pannikar nel 1993: «La contemplazione ci fa scoprire il senso della vita che è semplicemente la vita. E la vita non è pensare, non è agire, la vita non è amare, la vita non è soffrire, la vita non è lodare, la vita non è sentire; tutte queste sono operazioni della vita, ma la vita è previa a tutte queste operazioni, e allora con la vita in sé vivente pensi, soffri, cammini, parli e fai tante cose. Noi perdiamo il senso della vita ignuda (e questa per me sarebbe la chiave ermeneutica per capire in termini moderni la passione per la povertà di Francesco e Chiara), la nudità totale della vita che quando non ha niente si trova dinanzi al rischio semplicemente di essere».
Nella seconda Lettera ad Agnese di Boemia (3LAg 20: FF 2879), Chiara indica tre passi – processi – per cui si arriva alla vera vita: intuere, considera, contempla; mira, medita, contempla, o nobilissima regina; guarda, considera, contempla. Tre passi.
Primo: guarda, ascolta, mira, senti…: senza cura della vita dei sensi, senza un rapporto più che fraterno con tutto il mondo materiale, non si può avere una vita pienamente umana… Mira, guarda, innamorati delle cose belle, dei fiori, di tutto; guarda intorno a te, non aver paura di niente, perchè prima di tutto siamo materia, corpo, terra.
Secondo passo: considera. Pensa. Si tratta di cogliere l’altra faccia della realtà, quella che non si vede con i sensi ma si scopre con la mente, con l’intelletto. E’ il secondo occhio, l’occhio della mente. Considerare  vuol dire l’atto straordinario di ‘mettere le stelle insieme’: quello che non possono fare le mani, perchè non ci arrivo, lo fa la mente, mettere tutte le stelle in una unità armonica di un universo divino. Colui che considera, medita, scopre l’altra faccia della temporalità, cioè quella invisibile dell’eternità, già presente fin d’ora.
Il terzo occhio è quello della contemplazione: può aprirsi solo dopo gli altri due. Senza di lui non si vede chiaro, non si ha la terza dimensione: la vita, il reale, è di tre dimensioni! Se non si giunge fin qui si può rimanere vittime del sensualismo o dell’intellettualismo…La contemplazione non è un lusso di pochi: è una necessità, per reggere la vita umana, per poter vedere le cose e pensare la realtà. La contemplazione è quella che ci fa realmente vivere, ci fa entrare in contatto diretto con tutta la realtà; essa ci porta ad essere.
“Essere” è anche un altro nome di Dio, quel Dio che a Chiara si è manifestato nel volto di Cristo e l’ha trasformata nell’immagine della divinità di Lui.
Anche per noi vivere veramente può voler dire lasciarci trasformare in Cristo: riempire fino in fondo, come una canna, la propria sensibilità e intelligenza e poi lasciarsi fare. Come Chiara che, senza fare nulla, ha trasformato il mondo attorno a sé, e infine, ha consegnato la sua anima nella gratitudine assoluta.

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ARTICOLO DI: Clarisse urbaniste

“Sorelle Clarisse – Federazione urbanista. Donne che hanno scelto di seguire più da vicino Gesù, seguendo la testimonianza di vita di san Francesco e santa Chiara, nella vita fraterna, nella povertà e nella preghiera quotidiana. «Dietro una grata», come semplificando si sente dire dai più, per cercare di immaginarsi cosa sia la clausura e la vita contemplativa. La Federazione di Santa Chiara d’Assisi delle Monache Clarisse Urbaniste d'Italia è formata dai Monasteri che professano la Regola delle Suore di S. Chiara promulgata da Papa Urbano IV nel 1263. Da qui il nome di Clarisse Urbaniste. Siamo dislocate in tutta Italia e abbiamo 3 monasteri all’estero: in Venezuela, Messico e Romania. Info: www.clarisse.it”

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