C come… corda!

C come… corda!

Un oggetto, la corda, molto quotidiano e banale, ma a quanto pare altrettanto e fortemente simbolico per Francesco e Chiara. A differenza forse di noi, abituati piuttosto a zip, bottoni, velcro e altre diavolerie moderne. Tant’è che i nostri due santi ne fanno un accessorio per niente opzionale per il povero abito che disegnano per i loro seguaci: «Si affretta allora il padre santo, tutto pieno di gioia, a realizzare il salutare ammonimento; […] si scioglie immediatamente dai piedi i calzari, abbandona il suo bastone, si accontenta di una sola tunica, sostituisce la sua cintura con una cordicella» (1Cel 22: FF 356). Siamo all’inizio dell’avventura di Francesco, davanti a S. Maria degli Angeli, ma il Poverello si ricorderà di questa corda anche nelle Regola per i suoi frati: «Poi concedano loro i panni della prova, cioè due tonache senza cappuccio e il cingolo e le brache» (Rb 2,9: FF 79). Norma che diventò consuetudine: «All’inizio dell’Ordine – diceva frate Stefano – era consuetudine, quando il beato Francesco riceveva coloro che volevano entrare nell’Ordine, rivestirli dell’abito, cingerli della corda» (Frate Stefano 1: FF 2680).
Dal funiculum alla Porziuncola al cingulum della Regola, che è un po’ la distanza che corre tra un elemento semplicemente mutuato dall’abito dei contadini del tempo (arricchito magari da una citazione biblica: «Invece di profumo ci sarà marciume, / invece di cintura una corda, / invece di ricci calvizie, / invece di vesti eleganti uno stretto sacco, /invece di bellezza bruciatura»: Is 3,24), al complemento di un abito religioso perfettamente riconoscibile. Questo è per Salimbene de Adam uno dei motivi di degenerazione dell’Ordine: «Alcuni come cingolo non avevano il cordone comune, ma una corda animata e fatta di fili attorcigliati in modi curiosi»(FF 2612). Ma anche se il vocabolario latino è impercettibilmente ma significativamente cambiato, il significato rimane lo stesso. Come spiega bene san Bonaventura: «Questo cingolo è di fatto una corda, così come una fune è solita chiudere un sacco» (Expositio super Regulam Fratrum Minorum II,11).
Non c’è traccia esplicita di corde, invece, tra gli scritti di Chiara, se non eventualmente di un cilicio fatto di tante corde (Proc 2,5: FF 2948), tutt’ora conservato tra le reliquie nella Basilica di S. Chiara ad Assisi, forse perché influenzata dalla legislazione benedettina? Ma certamente anche l’abito delle povere signore di S. Damiano lo prevedeva («Per cingolo, dopo che avranno professato, abbiano una corda, non però ricercata»: Regola di Urbano IV 10: FF 3328, siamo nel 1263).
Per contrappasso, ricordiamo una sola ma assai “pesante” corda evangelica: quella con cui Giuda s’impiccò (cf. Mt 27,5). Una corda che stringe la nostra disperazione, mentre una corda, quella francescana, libera orizzonti e spalanca strade di fraternità e solidarietà! Una corda, quest’ultima, che, a differenza della prima, salva: «Allora ella li fece scendere con una corda dalla finestra…» (Gs 2,15).
(Alfabeti improbabili. A zonzo tra Bibbia e Fonti Francescane/45)

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ARTICOLO DI: Fabio Scarsato

“Fra Fabio Scarsato – Originario di Brescia, frate minore conventuale, è appassionato di san Francesco e francescanesimo, che declina come stile di vita personale e come testimonianza agli altri. È passato attraverso esperienze caritativo-sociali con minori e giovani in difficoltà, esperienze parrocchiali e santuariali nella trentina Val di Non (Sanzeno e S. Romedio), di insegnamento della spiritualità francescana, condivisione di esercizi spirituali e ritiri, grest e campiscuola anche intereligiosi, esperienze di eremo e silenzio. Attualmente vive al Villaggio S. Antonio di Noventa Padovana, ed è direttore editoriale del Messaggero di S. Antonio, del Messaggero dei ragazzi e delle Edizioni Messaggero Padova.”

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