Z come… zoccolo!

Z come… zoccolo!

Ci sono cose che piano piano sembrano scomparire dal nostro immaginario. Anche perché probabilmente stanno andandosene anche dalla nostra vita reale e quotidiana. Così, se i nostri nonni sapevano bene cos’era uno zoccolo, alle prese con cavalli da ferrare e altre bestie da campagna come mucche e pecore, o asini da cui si rischiava persino di ricevere sgradite… zoccolate, penso che questo sia ormai diventato un oggetto misterioso.
Ci parrà allora persino un po’ strano che alcune regole alimentari codificate dagli ebrei, per esempio, si basavano niente di meno che sulla presenza o meno appunto degli zoccoli (o, come li chiama piuttosto l’Antico Testamento, le unghie). Non solo, ma addirittura la loro conformazione: «Potrete mangiare di ogni quadrupede che ha l’unghia bipartita, divisa da una fessura, e che rumina. Ma fra i ruminanti e gli animali che hanno l’unghia divisa, non mangerete i seguenti: il cammello, perché rumina, ma non ha l’unghia divisa, lo considererete impuro; l’iràce, perché rumina, ma non ha l’unghia divisa, lo considererete impuro; la lepre, perché rumina, ma non ha l’unghia divisa, la considererete impura; il porco, perché ha l’unghia bipartita da una fessura, ma non rumina, lo considererete impuro» (Lv 11,3-7). Tanta precisione e dettagli sono probabilmente incomprensibili per noi, ma a quanto pare non lo dovevano essere per il popolo d’Israele, che in altri versetti della Bibbia vi leggeva gli stessi ordini perentori e a scanso di qualsiasi gusto culinario (cf. Dt 14,6). Effettivamente l’animale era anche i suoi zoccoli, tant’è che anch’essi, pur infime e sporche parti del corpo, entravano di diritto nel sacrificio dell’animale stesso. Come appuriamo, seppur per contrario, dal Salmo 69: «Loderò il nome di Dio con un canto, / lo magnificherò con un ringraziamento, / che per il Signore è meglio di un toro, / di un torello con corna e zoccoli» (Sal 69,31-32)! Gli zoccoli compariranno anche nella visione famosa di Ezechiele, quella da cui deriveranno i simboli dei 4 Evangelisti: «Le loro gambe erano diritte e i loro piedi come gli zoccoli d’un vitello, splendenti come lucido bronzo» (Ez 1,7).
Anche nell’esperienza di Francesco d’Assisi gli zoccoli non dovevano essere ignoti. In particolare le Fonti Francescane ci tramandano un episodio, il solo dove queste estremità animali vengano esplicitamente nominate, e persino in un’esortazione eucaristica! Francesco, infatti, voleva «che i frati onorassero in maniera particolare i sacerdoti, che amministrano sacramenti così venerandi e sublimi: dovunque li incontrassero, dovevano chinare il capo davanti a loro e baciare loro le mani; se poi li trovavano a cavallo, voleva non solo che si baciassero le mani a loro, ma addirittura gli zoccoli del cavallo che stavano cavalcando, per riverenza verso la loro potestà sacerdotale» (3Comp 57: FF 1468). Insomma, anche i piedi “partecipano”, per quel che loro compete, all’eucaristia! Simpatico poi che, nella storia francescana, “zoccolanti” furono definiti talvolta i frati minori dell’osservanza, per via degli zoccoli di legno che calzavano.
(Alfabeti improbabili. A zonzo tra Bibbia e Fonti Francescane/35)

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ARTICOLO DI: Fabio Scarsato

“Fra Fabio Scarsato – Originario di Brescia, frate minore conventuale, è appassionato di san Francesco e francescanesimo, che declina come stile di vita personale e come testimonianza agli altri. È passato attraverso esperienze caritativo-sociali con minori e giovani in difficoltà, esperienze parrocchiali e santuariali nella trentina Val di Non (Sanzeno e S. Romedio), di insegnamento della spiritualità francescana, condivisione di esercizi spirituali e ritiri, grest e campiscuola anche intereligiosi, esperienze di eremo e silenzio. Attualmente vive al Villaggio S. Antonio di Noventa Padovana, ed è direttore editoriale del Messaggero di S. Antonio, del Messaggero dei ragazzi e delle Edizioni Messaggero Padova.”

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