Un albero genealogico un po’ così – Mt 1, 1-17

Un lungo elenco di nomi, che sintetizzano la storia di Israele, da Abramo a Gesù, passando per Davide, re. Storie gloriose, storie squallide. Umane, molto umane. Un albero di vite piuttosto articolato, storto. Eppure vivo e in attesa.
Dio si fa presente nella storia, così com’è, con tutte le sue ambivalenze. E’ una genealogia di esseri umani, non certo di angeli.
Sono presenti cinque donne, in una dinastia per soli uomini: Tamar, Raab, Rut, Betsabea, la moglie di Uria l’Ittita che Davide uccide pur di averla per sé e la sesta donna, Maria. C’è la piena intenzione di valorizzare l’elemento femminile all’interno del principio della discendenza maschile e di valorizzare l’apertura internazionale di tale discendenza: Rut era Moabita; Raab era di Gerico; Betsabea moglie di uno straniero Ittita, Tamar, anch’essa ritenuta straniera. Donne in situazioni eticamente irregolari, pensiamo esplicitamente e Raab prostituta e a Betsabea bella e fedifraga che cornifica Uria. Cosa ci dice questo? Ci dice che Gesù è solidale con la storia degli uomini così com’è, una storia non solo di santi ma anche di peccatori. Nelle origini di Gesù vengono infrante due distinzioni: tra cittadini (Ebrei) e stranieri; tra giusti e peccatori. Tutte categorie usate per catalogare, separare, emarginare. La stessa gravidanza prematura di Maria poteva essere criticabile, eccome! Anzi, lapidabile!
Gesù è il compimento di una storia di attese e di promesse che dal padre della fede, Abramo, si snoda lungo decine di generazioni e ha trovato non la sua fine, ma il suo fine nella persona di Gesù, il Cristo. Gesù nobilita la sua genealogia, insieme gloriosa e limitata. Cos’ come nobilita qualsiasi biografia, perché nessuno è mai più condannato né dalla propria biografia, né dalla propria genealogia. Ogni singola vita, ogni singola storia è rendenta grazie a Gesù perché lui la fa sua e la illumina, la libera, le rende tutta la sua dignità e la apre a nuove possibilità.
Nel nostro presepe quali parenti e antenati scomodi metteremo davanti alla capanna?

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ARTICOLO DI: Paolo Floretta

“Fra Paolo Floretta è francescano conventuale. Laureato in filosofia e psicologia, è specializzato in psicoterapia. Ha lavorato al Messaggero di sant’Antonio, seguendo per alcuni anni lo sviluppo del web e il suo uso in chiave pastorle. Ha insegnato presso la Facoltà Teologica del Triveneto e si occupa di formazione e accompagnamento psicoterapeutico. Sta concludendo la specializzazione in teologia spirituale. Con don Marco Sanavio ha pubblicato Webpastore.it (EMP 2010).”

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