V come… vigna!

V come… vigna!

Tra tutte le specie arboree, è probabilmente quella che ha avuto più fortuna biblica: non sarà entrata nel novero del Cantico di frate Sole, ma sappiano con sicurezza che Francesco invitava anche le vigne a lodare il Signore (1Cel 81: FF 460). Fino al punto di diventare proverbiale quando si vuol dire che si è al servizio di Dio: lavorare nella vigna del Signore (cf. Mt 20,1-16; papa Gregorio IX applicherà a san Francesco, «operaio dell’ora undecima», questa immagine: bolla “Mira circa nos” 1-3: FF 2720-2721). Perché, sì, Israele e di conseguenza la Chiesa, il mondo intero e persino la grande famiglia francescana (3Cel 1: FF 824) è vigna del Signore, che lui stesso ha piantato, «Io ti avevo piantato come vigna pregiata, / tutta di vitigni genuini» (Ger 2,21), e della quale lui stesso si preoccupa, «Io, il Signore, ne sono il guardiano, / a ogni istante la irrigo; / per timore che la si danneggi, / ne ho cura notte e giorno» (Is 27,3). Prima lui, poi sarà Cristo ad applicare significativamente e direttamente a sé l’immagine della vigna: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore» (Gv 15,1-8). La vigna diventa misticamente simbolo del luogo dei nostri amori e dell’amore di Dio per ognuno di noi: «Di buon mattino andremo nelle vigne; / vedremo se germoglia la vite, / se le gemme si schiudono, / se fioriscono i melograni: / là ti darò il mio amore!» (Ct 7,13). C’è poco da fare, è qualcosa che si avvicina pericolosamente all’idea di “ubriacatura”, almeno nel senso di perdita dei sensi, euforia, emozione che prende tutto il corpo e l’anima. Un’esperienza che evidentemente non ci si dà, ma può solo essere dono di Dio: «vigne e oliveti che tu non hai piantato» (Dt 6,11)!
Un paio di vigne sono famose nella vita di Francesco, entrambe oggetto di un’attenzione tutta particolare, perché entrambe in gioco nella relazione tra le persone. Una prima: «Una volta venne a conoscenza che un frate ammalato aveva desiderio di mangiare un po’ d’uva. Lo accompagnò in una vigna e, sedutosi sotto una vite per infondergli coraggio, cominciò egli stesso a mangiarne per primo» (2Cel 176: FF 762). Dove, se è vero che si tratta dello stesso episodio raccontato, con alcune varianti, in CAss 53: FF 1572, di un più esplicito “furto” d’uva si tratta, tra l’altro coinvolgendo più frati. Una seconda: Francesco, malato, è ospite nella casa di un prete, presso la chiesa di S. Fabiano (Rieti), e molte persone si recano a trovarlo, «quasi tutti i visitatori passavano nella vigna contigua, attirati sia dalla stagione delle uve mature, sia dall’amenità del luogo che invitava a sostarvi. Successe quindi che, a motivo di quel viavai, la vigna fu messa quasi totalmente a soqquadro: chi coglieva i grappoli e se li mangiava sul posto, chi li pigliava per portarseli via, altri calpestavano il terreno. Il prete cominciò ad agitarsi e protestare» (CAss 67: FF 1595). Naturalmente Francesco mise a posto tutto con un miracolo, e la vigna devastata alla vendemmia diede tanta uva come mai era successo prima.
(Alfabeti improbabili. A zonzo tra Bibbia e Fonti Francescane/26)

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ARTICOLO DI: Fabio Scarsato

“Fra Fabio Scarsato – Originario di Brescia, frate minore conventuale, è appassionato di san Francesco e francescanesimo, che declina come stile di vita personale e come testimonianza agli altri. È passato attraverso esperienze caritativo-sociali con minori e giovani in difficoltà, esperienze parrocchiali e santuariali nella trentina Val di Non (Sanzeno e S. Romedio), di insegnamento della spiritualità francescana, condivisione di esercizi spirituali e ritiri, grest e campiscuola anche intereligiosi, esperienze di eremo e silenzio. Attualmente vive al Villaggio S. Antonio di Noventa Padovana, ed è direttore editoriale del Messaggero di S. Antonio, del Messaggero dei ragazzi e delle Edizioni Messaggero Padova.”

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