O come… olio!

O come… olio!

Molte volte non siamo neppure consapevoli che lunghi percorsi facciano le parole, e la rispettiva “cosa” che esse indicano, percorrendo i secoli, non solo, ma anche le culture! Prendiamo per esempio l’olio.
Un’immagine come: «olio prezioso versato sul capo, / che scende sulla barba, la barba di Aronne, / che scende sull’orlo della sua veste», ci farebbe persino un tantino schifo. Se non fosse che leggendo prima: «ecco, com’è bello e com’è dolce / che i fratelli vivano insieme!» (Sal 133,1-2), il paragone ci lascia intuire che, almeno per chi compose questo salmo, avere capelli, barba e veste unte doveva essere il massimo del fashion. Per lo meno se siamo tutti d’accordo che vivere assieme da fratelli è davvero il top! Del resto è vero che nella Bibbia ci si ungeva spesso, e per svariati motivi, segno che l’olio, frutto della spremitura delle olive, assumeva vari significati simbolici: il profeta Samuele unge con l’olio il giovane re Davide (1Sam 16,13); con un olio più o meno simile viene unto anche il Messia (Eb 1,9), che appunto da ciò prende il nome di “Cristo”; i presbiteri devono ungere con l’olio il malato per cui hanno pregato (Gc 5,14); Dio con acqua e olio ha lavato Israele, trovato ai bordi della strada, insanguinato e abbandonato (Ez 16,9); se Giacobbe con l’olio unge la pietra dove ebbe il sogno della scala verso il cielo (Gen 28,18), Francesco incarica invece frate Rufino di ungere con l’olio la pietra su cui gli è apparso l’angelo alla Verna (Eccleston 92: FF 2519). L’olio è così importante che, assieme al vino, diventa segno dell’abbondanza dei tempi nuovi (Gl 2,24). E persino segno della protezione di Dio: «Davanti a me tu prepari una mensa / sotto gli occhi dei miei nemici. / Ungi di olio il mio capo; / il mio calice trabocca» (Sal 23,5). E noi che pensavamo che servisse solo a condire l’insalata! Del cui uso, in realtà, non c’è traccia nella Sacra Scrittura (eventualmente di «focacce senza lievito impastate con l’olio», Lv 7,12).
Sin dai tempi antichi, si conosceva invece l’utilizzo dell’olio per l’illuminazione, come carburante per lanterne e simili (cf. Es 25,6). Tant’è che una lampada doveva ardere perennemente davanti al Santo dei Santi, nel Tempio di Gerusalemme (cf. Es 27,20). E sarà proprio questa la prima preoccupazione per san Francesco: trovare l’olio per la lampada di S. Damiano, lì dove ha scoperto il suo “Santo dei Santi”, per cui offre del denaro al povero prete che lì viveva (2Cel 11: FF 595), e in seguito provvedendovi lui stesso mendicando per le strade di Assisi (2Cel 13: FF 599). Poi fu più facile, perché annualmente i benedettini del Subasio ne regalavano ai frati della Porziuncola «una giara piena» (CAss 56: FF 1576).
Ma se a Francesco l’olio per condimento «era dannoso» (Spec 62: FF 1752), Chiara invece miracolosamente ne riempie un vasetto, noi diremmo un’oliera, rimasta improvvisamente vuota (Proc 1,15: FF 2939). Ma, attenzione: l’olio è anche quello bollente dove vengono immersi i peccatori all’inferno, da cui, appunto, Francesco ne salvò uno (3Cel 94: FF 916)!
(Alfabeti improbabili. A zonzo tra Bibbia e Fonti Francescane/27)

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ARTICOLO DI: Fabio Scarsato

“Fra Fabio Scarsato – Originario di Brescia, frate minore conventuale, è appassionato di san Francesco e francescanesimo, che declina come stile di vita personale e come testimonianza agli altri. È passato attraverso esperienze caritativo-sociali con minori e giovani in difficoltà, esperienze parrocchiali e santuariali nella trentina Val di Non (Sanzeno e S. Romedio), di insegnamento della spiritualità francescana, condivisione di esercizi spirituali e ritiri, grest e campiscuola anche intereligiosi, esperienze di eremo e silenzio. Attualmente vive al Villaggio S. Antonio di Noventa Padovana, ed è direttore editoriale del Messaggero di S. Antonio, del Messaggero dei ragazzi e delle Edizioni Messaggero Padova.”

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