S come… sasso!

S come… sasso!

Raramente i sassi se ne stanno buoni al loro posto, per terra, se c’è qualche ragazzaccio nei dintorni! Così, mentre gli adulti perfezionavano le loro armi, rendendole sempre più perfette, precise, distruttive e automatiche, persino governabili da distanza, i monelli di tutto il mondo, quando proprio le mani non bastavano, restavano stanzialmente fedeli ad un paio di modelli di fionda: una, con un’impugnatura che si biforca in due rami, di cui ciascuna estremità è unita da un laccio elastico al cui centro viene posta una toppa atta ad ospitare il sasso; l’altra, una sacca contenente il proiettile, che si fa roteare fino a rilasciarlo (i romani la chiamavano frombola). L’importante era “sparare” sassi, per colpire uccelli o lepri, per increspare la superficie di qualche laghetto, per fare una gara di tiro con gli amici, per rompere qualche vetro da distanza di sicurezza. Ma anche per far del male a qualcuno. Questa è la triste vocazione dei sassi.
Così, ragazzini o adulti di Assisi li tiravano dietro a san Francesco, frate Bernardo o ai suoi compagni (1Cel 11: FF 338; Fior 2: FF 1827; Fior 5: FF 1833; 3Comp 42: FF 1447), lui che persino calpestando le pietre cercava comunque di averne rispetto (Spec 118: FF 1818). Con un più nobile scopo, anche se sempre per essere “fiondati” contro qualcuno, furono i cinque sassi nella saccoccia del giovane Davide: gliene bastò in realtà uno, scagliato con invidiabile precisione e forza, per colpire e affondare il gigante Golia (1Sam 17,40-51). E per fare del re d’Israele il protettore di tutti i monelli armati di fionda (ma ciò non gli impedirà di beccarsi anche lui qualche meritata sassata: 2Sam 16,7). Così, altri sassi non riuscirono invece a prendere il volo, appiccicandosi alle mani di chi li voleva impunemente scagliare contro la donna peccatrice. «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei» (Gv 8,7), con questa innocente provocazione Gesù ottenne lo scioglimento del consesso di “giusti lapidatori altrui”.
Sassi ben più fortunati furono quelli, di una certa dimensione evidentemente, cercati da Francesco per il restauro di S. Damiano, non senza una certa vergogna nei confronti dei sui amici di un tempo (LegM 2,7: FF 1047), pagandoli al futuro frate Silvestro con i soldi che Bernardo stava donando ai poveri (3Comp 30: FF 1433), o promettendo ricompense: «Chi mi darà una pietra, avrà una ricompensa; chi me ne darà due, due ricompense; chi tre, altrettante ricompense!» (3Comp 21: FF 1420). Fatto salvo, invece, che le dimore dei frati sarebbero state solo di legno e non di pietra (2Cel 56: FF 642). Altrettanto beati i sassolini usati dalla giovanissima Chiara, «pietra preziosissima e fortissima» (1Cel 18: FF 351), per contare le sue preghiere, «non disponendo di una corona per contare i Pater noster» (LegsC 2: FF 3159).
Ma nel finale, sassi e pietre si redimono del tutto. Perché se i pagani «chiamarono dèi una pietra inutile» (Sap 13,10), Gesù sarà invece la nostra «pietra d’angolo» (Mt 21,42)!
(Alfabeti improbabili. A zonzo tra Bibbia e Fonti Francescane/25)

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ARTICOLO DI: Fabio Scarsato

“Fra Fabio Scarsato – Originario di Brescia, frate minore conventuale, è appassionato di san Francesco e francescanesimo, che declina come stile di vita personale e come testimonianza agli altri. È passato attraverso esperienze caritativo-sociali con minori e giovani in difficoltà, esperienze parrocchiali e santuariali nella trentina Val di Non (Sanzeno e S. Romedio), di insegnamento della spiritualità francescana, condivisione di esercizi spirituali e ritiri, grest e campiscuola anche intereligiosi, esperienze di eremo e silenzio. Attualmente vive al Villaggio S. Antonio di Noventa Padovana, ed è direttore editoriale del Messaggero di S. Antonio, del Messaggero dei ragazzi e delle Edizioni Messaggero Padova.”

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