La cura di ciò che è fragile

La cura di ciò che è fragile

Francesco ha riconosciuto la presenza di Dio in ciò che è piccolo e povero e ha deciso di prendersene cura proprio perché nella fragilità si rivela il volto misterioso di Dio, capace di farsi povero, mendicante nei confronti dell’uomo, perché perdutamente innamorato di lui.
Dopo aver contemplato nel lebbroso la misericordia di Dio, Francesco comincia a curarsi dei lebbrosi, anche di quelli più difficili. In particolare si racconta nei Fioretti di un lebbroso molesto, che picchiava e insultava tutti con parole orribili tanto che i frati non riuscivano a stargli vicino. Francesco va a cercare questo lebbroso e proprio perché è il più povero, incapace persino di accogliere la bontà altrui, si fa carico personalmente di lavare e medicare le sue terribili piaghe (FF 1857).
Dopo aver compreso che Dio salva il mondo nell’umiltà, Francesco si dedica a restaurare le chiese danneggiate, perché sono il luogo dove Dio umilmente dimora, e ogni volta che entra in una chiesa lo benedice per la salvezza che ci ha donato proprio tramite la croce. Dopo aver toccato la presenza di Dio nel pane eucaristico, affidato ai sacerdoti, e nella parola di Dio spiegata dai teologi, Francesco vuole che sia il pane consacrato che le parole della Scrittura vengano conservati decorosamente e circondati di venerazione e onore, come anche va fatto nei confronti dei sacerdoti e dei teologi, che ci permettono di toccare il corpo di Cristo e di comprenderne le parole. La presenza di Dio è concreta quanto fragile: un pezzo di pane, una parola detta migliaia di anni fa. Una presenza efficace e discreta che può solo essere riconosciuta e mai dimostrata, d’altra parte con l’amore è sempre così, si può solo credere di essere amati.
L’incontro con la presenza di Dio in ciò che è povero e fragile spinge Francesco alla cura, sempre: lebbrosi, chiese, sacerdoti, specie eucaristiche, teologi, parole scritte. Questa cura si allargherà ai fratelli e a tutte le creature, oltre che alla chiesa (predicazione) e alla società (impegno per i più bisognosi). Imitando il suo Signore, Francesco si cura di ciò che è fragile perché attratto dalla sua bellezza e si fa, come Gesù, mendicante anche lui, povero con i poveri, piccolo, minore, per condividere con ciò che è fragile quella bellezza che attrae Dio stesso. “Per lui qualsiasi creatura era una sorella, unità a lui con vincoli di affetto. Per questo si sentiva chiamato a prendersi cura di tutto ciò che esiste”(Papa Francesco, Laudato si’ n. 11).
(il Testamento di san Francesco/7)

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ARTICOLO DI: Simona Segoloni Ruta

“Simona Segoloni Ruta è laica (diocesi di Perugia), coniugata e ha 4 figli. Ha conseguito il dottorato in teologia dogmatica presso la Facoltà Teologica dell’Italia centrale di Firenze ed è docente stabile di teologia sistematica all’Istituto Teologico di Assisi. Fra le sue pubblicazioni: Tradurre il concilio in italiano. L’Associazione teologica italiana come soggetto di recezione del Concilio, Glossa, Milano, 2013; Il rinnovamento della teologia nel XX secolo a partire dal dettato conciliare in P. Benanti – F. Sciurpa – S. Segoloni Ruta, Un secolo di novità complesse, Cittadella editrice, Assisi, 2012; L’autocoscienza ecclesiale testimoniata nel Nuovo Testamento in S. Segoloni Ruta – C. Burini De Lorenzi, La chiesa degli inizi. Nascita e sviluppo della chiesa nei primi secoli del cristianesimo, Cittadella editrice, 2011. Di prossima pubblicazione per Cittadella Editrice: Tutta colpa del Vangelo. Se i cristiani si scoprono femministi. È socia dell’ATI e del Coordinamento teologhe italiane.”

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