Con gli occhi di Chiara… Lo sguardo e la fede

Con gli occhi di Chiara… Lo sguardo e la fede

Hanno sempre esercitato un fascino in me le parole che Chiara d’Assisi, poco prima della morte, rivolge alla sua anima: in esse sembra di cogliere quasi un punto prospettico dal quale scrutare l’intera sua esistenza, là dove ella raggiunge la lucida consapevolezza di se stessa nel grembo di Dio. Inattesa – ci si aspetterebbe forse una preghiera, un’invocazione al Signore – è, nell’imminenza del trapasso, un’esortazione alla propria anima che non ha i toni dell’incoraggiamento, dell’intenzione di lenire un’improvvisa paura, quanto, piuttosto, quelli della memoria, del fare memoria di una storia sacra che conferma la fede. Una memoria che apre alla benedizione: Chiara pare attuare un rapido percorso a ritroso, dall’intuizione del futuro imminente, all’istante presente fino alla sua origine, alla sua creazione: «Volgendosi poi a se stessa, la vergine santissima parla silenziosamente alla sua anima: “Va’ sicura – le dice – perché hai buona scorta, nel viaggio. Va’, perché Colui che t’ha creata, ti ha santificata e sempre guardandoti come una madre suo figlio, ti ha amata con tenero amore”. “E tu, Signore – soggiunge – sii benedetto, che mi hai creata”. Interrogandola una delle sorelle a chi stesse parlando, rispose: “ Io parlo all’anima mia benedetta”» (Leggenda di Santa Chiara Vergine, 46: FF 3252).
«Va’ sicura»: il movimento della fede può essere sintetizzato nell’accostamento di queste due parole. L’andare reca in sé il distacco dal punto di partenza e la scoperta del punto d’arrivo, dove Qualcuno ci attende. L’andare allena lo sguardo a cercare la verità del proprio desiderio, lungo una via in cui il cammino si misura in slanci, corse e soste improvvise, sembrando confrontarsi col tempo, ma in realtà assumendo i ritmi della nostra perseveranza, della nostra disponibilità a lasciare che si schiuda dal tempo la promessa di eternità che lo precede. Che Chiara abbia avuto la netta consapevolezza di muoversi in un orizzonte di eternità emerge dalle sue parole: ella pare tracciare la traiettoria di un cammino, di un viaggio, che non si preoccupa della meta, che non si preoccupa di finire, poiché “la meta” è Persona, non luogo, e percorre la via insieme a noi. È il medesimo atteggiamento di Abramo, che, per fede «partì senza sapere dove andava» (Eb 11,8). È la medesima situazione che vive Mosè con il popolo peregrinante di Israele, alla cui testa il «Signore marciava…di giorno con una nube, per guidarli sulla via da percorrere, e di notte con una colonna di fuoco, per far loro luce, così che potessero viaggiare giorno e notte» (Es 13,21). La fede, allora, non è per la meta, ma per il cammino: è il viatico di chi ha una destinazione sicura che resta come una soglia da attraversare. La destinazione ci è data ed è per tutti, all’uomo spetta la decisione del cammino, la determinazione al viaggio. Chiara, rivolgendosi alla sua anima, entra nel santuario di se stessa, nello spazio in cui l’uomo si scruta come mistero, ambito fragile della scelta e, insieme, sconfinato dell’Amore, dove un «sempre» può sussistere soltanto in grazia della presenza di Dio. E tale «sempre» è la «buona scorta» e l’alveo in cui la fede umana è generata e si nutre: non possiamo credere nulla, né perseverare, ne restare fedeli se non nella memoria incessante del «sempre» del Signore nei confronti di ciascuno di noi. Chiara lo riconosce in uno sguardo che ha permesso a lei stessa di guardare alla sua esistenza come a un tesoro, custodito al di là del tempo e delle circostanze, “creduto in sé” per il Senso permanente garantito da un’Attenzione che mai è venuta meno. Sguardo che mantiene in vita ogni creatura: occhi di Padre che chiama ad esistere e se ne compiace come all’inizio, quando creò l’essere umano e vide che era molto bello (cf. Gen 1,31); sguardo di Madre, sollecito nel cogliere le necessità del proprio piccolo, nel consolarlo, nel coccolarlo con tenerezza. È tale esperienza che fa sì che Chiara possa credere in se stessa, fino all’altezza di quell’ultimo atto di fede nel Signore benedetto, perché l’ha creata, così come l’ha creata. Chiara crede nella sua vita: essa le ha testimoniato ampiamente la credibilità di Colui che l’ha accompagnata nell’Amore che lei stessa ha sperimentato, imparando dal Suo sguardo a vedere…il molto bello, partecipando così della sua creazione.

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ARTICOLO DI: Marzia Ceschia

“Pace e bene! Sono Sr Marzia Ceschia, classe 1976, sono nata a San Daniele del Friuli (UD) e sono religiosa delle Suore Francescane Missionarie del Sacro Cuore. Ho conseguito la laurea in Lettere classiche presso l’Università degli Studi di Trieste e il baccalaureato in Teologia presso l’Istituto Teologico di Assisi. Di recente mi sono licenziata in Teologia Spirituale presso la Facoltà Teologica del Triveneto a Padova e attualmente sono dottoranda presso la medesima Facoltà. Sono impegnata nel servizio edcativo nella scuola secondaria di primo grado del mio Istituto, a Gemona del Friuli, nella pastorale giovanile e in vari servizi formativi e di insegnamento. Amo leggere, ricercare, ascoltare le esperienze altrui e mi appassiona tutto ciò che riguarda la spiritualità francescana e la mistica femminile.”

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