«Allora i loro occhi si aprirono e lo riconobbero» – Lc 24,13-35
La liturgia odierna ci fa tornare “sui passi di Emmaus” insieme a Clèopa ed il suo misterioso compagno senza nome (possiamo metterci il nostro di nome: …non siamo forse umanamente tutti noi “compagni” di Clèopa? Nelle nostre delusioni, nelle nostre paure…). La lettura evangelica infatti ripete per i distratti il vangelo della celebrazione vespertina della domenica pasquale…
La bellezza del racconto è sconvolgente per i tanti e tanti temi vitali ed evangelici che si raccolgono in poche righe, in pochi passi…
Lo stupore e la meraviglia dei discepoli di Emmaus ben si palesa al nostro spirito quando l’evangelista racconta che riconobbero il Risorto solo allo spezzare del pane, segno eucaristico che rimanda non solo all’ultima cena, ma anche agli altri episodi di moltiplicazione (o “condivisione”!?) dei pani: per esempio «Prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero a loro; e divise i due pesci fra tutti. Tutti mangiarono a sazietà…» Mc 6,41.
Francesco d’Assisi amplifica con la sua esperienza umana e spirituale questa felice intuizione, pone il tema dell’eucaristia come uno dei più cari e ricorrenti nei suoi scritti, fa capire più e più volte che il miracolo di Emmaus si ripete ogni volta che il pane viene spezzato da un sacerdote nella liturgia. In particolare nella prima Ammonizione:
“Ecco, ogni giorno egli [il Signore] si umilia, come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergine; ogni giorno egli stesso viene a noi in apparenza umile; ogni giorno discende dal seno del Padre sull’altare nelle mani del sacerdote. E come ai santi apostoli si mostrò nella vera carne, così anche ora si mostra a noi nel pane consacrato. E come essi con la vista del loro corpo vedevano soltanto la carne di lui, ma, contemplandolo con occhi spirituali, credevano che egli era lo stesso Dio, così anche noi, vedendo pane e vino con gli occhi del corpo, dobbiamo vedere e credere fermamente che è il suo santissimo corpo e sangue vivo e vero. E in tal modo il Signore è sempre con i suoi fedeli, come egli stesso dice: «Ecco, io sono con voi sino alla fine del mondo» (Mt 28,20)”. san Francesco d’Assisi, Ammonizioni, I, FF 144.
Notiamo la bella progressione sul tema dell’umilità/kenosi di Dio: si fa uomo scendendo “nel grembo della Vergine” / viene a noi in apparenza umile; si mostra agli apostoli nella vera carne / si mostra a noi nel pane consacrato; vista umana e spirituale degli apostoli / vista umana e spirituale di noi discepoli di fronte al pane e vino consacrati.
Inoltre la bella e originale intuizione di Francesco che associa a questa esperienza eucaristica la promessa del Risorto, l’Emmanuele/Dio-con-noi: “Ecco io sono con voi sino alla fine del mondo”. Colui che non tradisce, Colui che è fedele alle sue promesse, sceglie il pane consacrato come testimone di fedeltà della presenza del Risorto tra noi fino alla fine del mondo!
Francesco – infine – non si pone nemmeno dubbi sulla difficile comprensione del miracolo della “transustanziazione” (così come proprio in quegli anni la Chiesa lo definiva nel Concilio lateranense IV); Francesco supera persino il problema del come un pezzo di pane possa diventare carne di Cristo… perché preferisce soffermarsi sull’altra dimensione corrispondente: lo stupore per un Dio che si fa pane, si umilia tanto da farsi pane… un Dio che si pone nelle nostre mani!
Che bellezza… e che responsabilità!
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