Il fascino del male, ovvero dei vizi capitali (introduzione generale). La superbia

Il fascino del male, ovvero dei vizi capitali (introduzione generale). La superbia

Dalla tradizione ereditiamo diversi schemi che i predicatori utilizzavano per parlare della fede (i 10 comandamenti, i vizi, le virtù, le beatitudini, ecc.). La predicazione dei vizi o peccati capitali era uno schema molto usato per tentare di descrivere alcuni inganni in cui possiamo cadere che hanno come effetto il distorcere l’immagine di Dio e il nostro cammino di fede. Iniziamo da questo numero una serie di articoli che tenteranno di attualizzarne il contenuto. Questo lavoro vorrebbe aiutarci a decifrare almeno in parte la complessità di ciò che abita la nostra interiorità, spingerci verso un cammino di ricerca e approfondimento della nostra fede e farci confrontare con la complessità dell’oggi attraverso il filtro della sapienza cristiana. Per ogni vizio proporremo una breve e sintetica descrizione che cerca di coglierne il senso e di attualizzarne il contenuto. In una scheda a parte offriremo un rimando a bibliografia e altri spunti che possano permetterci di approfondire il tema attualizzandolo.

La superbia

L’ascolto stolto di sé

Il superbo è una persona innamorata della propria immagine, che reputa superiore agli altri, in modo vero o presunto e si aspetta un riconoscimento, una continua gratificazione da parte del prossimo. Questa distorsione della realtà affonda le sue radici nel profondo dell’uomo, sempre teso alla ricerca e all’affermazione dell’identità. Questa non è qualche cosa che si elabora al proprio interno, ma è qualche cosa che ciascuno negozia nel rapporto con gli altri. Il bisogno di riconoscimento nell’essere umano è fortissimo: al pari di altri bisogni più esistenziali. Di solito la persona malata di superbia, al contrario di quanto si pensi, si conosce poco; é talmente infatuata di se stessa che ogni tentativo di renderla più consapevole si rivela inutile. Non vuole intendere ragione, non tollera alcuna contraddizione e gli piace la compagnia degli adulatori. Il superbo è essenzialmente sordo e cieco, elimina sistematicamente la realtà che non confermi la sua costruzione di sé. La superbia fa sì che l’uomo si opponga ad ogni trasformazione interiore. Il vero problema è che dietro la superbia si cela spesso una risposta basata sulla disistima che si ha verso se stessi, si rimane vittime di una continua competizione tra il “reale di sé” e la “proiezione di sé” nella bramosa voglia di “eccellere su” per dimostrarsi che “vale”. Il superbo è nella incapacità radicale di accogliere il limite personale. La sua posizione è però più complessa: non sempre è realmente convinto di possedere tutte le qualità che lui stesso si attribuisce. Teme delusioni e insuccessi perché rivelerebbero la triste verità che egli stesso sospetta, quella di essere in realtà un mediocre, un normodotato, di rientrare nella media. Frequenti sono il ricorso ad alcuni stratagemmi che costituiscono una sorta di fondamenta su cui alzare le mura della superbia: l’idealizzazione – attribuirsi qualità esageratamente positive come fonte di gratificazione e come protezione da sentimenti di impotenza, di scarsa importanza, di poco valore e simili; l’onnipotenza – rispondere a un conflitto emotivo o a fonti di stress interne o esterne comportandosi come se si fosse superiori agli altri; la svalutazione – attribuire caratteristiche esageratamente negative a se stessi o agli altri, con l’uso di affermazioni sprezzanti, sarcastiche o comunque negative. La superbia, dal punto di vista della fede, è il pensiero di essere “principio a se stessi” “autosufficiente”. La sua formula, ricalcando parole bibliche, può essere descritta così: “Non avrai altro soggetto al di fuori di io”. Per il superbo gli altri o l’Altro, sono delle cose che servono per dimostrare a se stesso che egli “è più in alto”. Sempre. Il superbo cade in una solitudine omeostatica che lo “incancrenisce” sempre più nella sua situazione distruttiva. La superbia è sottilmente imparentata con l’invidia, poiché quando è superato il superbo non si rassegna, e l’effetto di questa non rassegnazione è l’invidia. Al pari dell’invidia, anche la superbia ha un carattere “relazionale” nel senso che nessuno si insuperbisce in solitudine, ma sempre in relazione agli altri, di cui ha un assoluto bisogno per poter esprimere nei loro confronti la sua superiorità.

Scheda:

Dalla Bibbia: Mt 18, 1-5; Mc 9,33-36; Mt 23,12; Lc 9,46-47;  Sal 131; 115; Ger 13,15ss; Sir 5,2ss; 10,12ss; Ez 28,2-10; 1Cor 8,2; Pr 11,2; Dt 8,13s.17.

Dal Catechismo: N° 1850; 2514.

Dalle Fonti Francescane: FF 26; FF 153-154; FF 166; FF 169; FF 173; FF 562; FF 788; FF 933; FF 1627.

Canzoni: Ballata dell’amore cieco, De André.

Libri: G. Cucci, Il fascino del male. I vizi capitali, AdP, Roma.

(I vizi capitali/1)

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ARTICOLO DI: Paolo Benanti

“Fra Paolo Benanti francescano del Terzo Ordine Regolare ha acquisito la sua formazione etico-teologica presso la Pontificia Università Gregoriana e ha perfezionato il suo curriculum presso la Georgetown University a Washington D.C. (USA) dove ha potuto perfezionare le ricerche sul mondo delle biotecnologie. Svolge la sua attività accademica come docente di Teologia morale (fondamentale, sessuale e morale della vita fisica) e Bioetica tra la Gregoriana a Roma, l’Istituto Teologico ad Assisi e il Pontificio Collegio Leoniano di Anagni. Collabora con l’American Journal of Bioethics - Neuroscience ed è membro dello staff editoriale di Synesis. È autore di numerose pubblicazioni presso editori italiani e internazionali.”

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