I come… invito a pranzo!

I come… invito a pranzo!

Non si può proprio dire che Dio non sappia entrare nel vivo della nostra quotidianità! O che non privilegi quei momenti della nostra giornata che noi per primi deputiamo a rappresentare come uno spazio privilegiato: per le nostre relazioni familiari, per l’ospitalità al nuovo venuto, per i momenti pur necessari al nostro fisico e al nostro spirito. Momenti che rischiamo di dare per scontati, come il pranzo o la cena, ma senza di cui non potremmo fare a meno. Forse perché al giorno d’oggi il nostro ritrovarci sembra pericolosamente ridursi a poche occasioni. O perché anche il bambino piccolo non vede l’ora di accedere al tavolo dove il resto della famiglia si raduna per il pasto, magari su un seggiolone o con tre cuscini sotto il sedere. O perché la peggiore delle punizioni era: «a letto senza cena!». Dove ciò che bruciava non era il digiuno, ma l’essere estromessi dalla tavola anzitempo. E Gesù ne fa addirittura il memoriale della sua vita e del suo donarsi, per sempre, a noi: una tavola, degli amici invitati, un po’ di pane e di vino! «Beati voi, invitati alla cena…», ci sentiamo dire durante la s. messa. Ma da allora, da quella sera nella stanza «al piano superiore» (Mc 14,15) di un’anonima casa a Gerusalemme, ogni pranzo e ogni cena è un po’ rivivere l’eucaristia!

Dio aveva già accettato altre volte l’invito dell’uomo a fermarsi a pranzo con lui. Capitò nel deserto, alle querce di Mamre, nell’ora più calda del giorno, quando tre misteriosi personaggi apparvero ad Abramo che «sedeva all’ingresso della tenda». Tutto finì con focacce, un vitello tenero e buono, panna e latte fresco. Ed anche il riso di Sara, da cui nacque Isacco, il figlio della promessa (Gen 18,1-15). Mentre una cena a metà fu quella a cui Clèopa e l’amico invitarono il misterioso viandante che li aveva accompagnati lungo la strada da Gerusalemme a Emmaus: allo spezzare il pane, riconobbero Gesù, ma egli sparì dalla loro vista (Lc 24,13-35).

Anche Francesco fu più volte invitato a pranzo. Non che la cosa gli piacesse particolarmente, soprattutto se doveva mettersi alla tavola di qualche potente o persona importante. Anche se aveva insegnato ai suoi frati che si deve mangiare di qualsiasi cosa viene loro messa davanti, come dice il Vangelo (Lc 10,7), e come tocca a poveri che non hanno la possibilità di scegliersi il menù (Rb 3,13-14: FF 86). Una volta, a Roma presso il cardinale Ugolino, si presentò all’ora di pranzo con «frustoli di pane nero» appena mendicati, creando non poco imbarazzo negli invitati (2Cel 73: FF 661). Invitato, un’altra volta, a Celano in casa di un cavaliere, ne accolse santamente l’ultimo respiro (3Cel 41: FF 864). Ma non disdegnò nemmeno l’invito a pranzo del sultano (Ernoul 4: FF 2234) o dell’allegra brigata di cavalieri in festa al castello di S. Leo (FiorCons 1: FF 1898).

Forse in attesa di intercettare ben altro invito a pranzo? Quello che Dio ci rivolgerà infine? «O voi tutti assetati, venite all’acqua, / voi che non avete denaro, venite, / comprate e mangiate; venite, comprate / senza denaro, senza pagare, vino e latte» (Is 55,1)!

(Alfabeti improbabili. A zonzo tra Bibbia e Fonti Francescane/16)

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ARTICOLO DI: Fabio Scarsato

“Fra Fabio Scarsato – Originario di Brescia, frate minore conventuale, è appassionato di san Francesco e francescanesimo, che declina come stile di vita personale e come testimonianza agli altri. È passato attraverso esperienze caritativo-sociali con minori e giovani in difficoltà, esperienze parrocchiali e santuariali nella trentina Val di Non (Sanzeno e S. Romedio), di insegnamento della spiritualità francescana, condivisione di esercizi spirituali e ritiri, grest e campiscuola anche intereligiosi, esperienze di eremo e silenzio. Attualmente vive al Villaggio S. Antonio di Noventa Padovana, ed è direttore editoriale del Messaggero di S. Antonio, del Messaggero dei ragazzi e delle Edizioni Messaggero Padova.”

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