H come… hit-parade!

H come… hit-parade!

Questa volta è inutile cercarlo nella Bibbia o nelle Fonti Francescane: il vocabolo inglese “hit-parade”, letteralmente “sfilata di successi”, non si trova proprio. In compenso non vi scarseggiano né canzoni che venivano canticchiate da tutti, e perciò a rigor di logica autentici “hit” da classifica, né tormentoni più o meno estivi. Che siano jingle che ti martellano la testa o refrain di cui non riesci a liberarti, comunque il classico “strofa-ritornello-strofa” appartiene anche al mondo biblico e francescano. Uno dei primi motivetti famosi nella Bibbia è cantato da Maria, sorella di Mosè, con tanto di coriste e ballerine, dopo che il popolo ebraico passò indenne, e soprattutto all’asciutto, nel Mar Rosso, che si era invece inghiottito le armate del Faraone: «Cantate al Signore, / perché ha mirabilmente trionfato: / cavallo e cavaliere / ha gettato nel mare!» (Es 15,21). Un altro canto sempre a voci femminili, celebrativo delle vittorie sui filistei, fu censurato dal re Saul: «Ha ucciso Saul i suoi mille / e Davide i suoi diecimila» (1Sam 18,7). Gesù cita per inciso una canzoncina per bambini che doveva essere famosa ai suoi tempi: «Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, / abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!» (Mt 11,17). Non possiamo soprattutto dimenticare i Salmi, preghiera per eccellenza del popolo ebraico e, perciò, anche di Gesù: erano tutti cantati, come spesso è indicato anche all’inizio del salmo stesso (per es. Sal 51,1: «Al maestro del coro»). Perché chi canta, dice san Agostino, prega due volte. E questi sì che erano da hit-parade: persino i bambini li sapevano a memoria! A dire il vero, Francesco desiderava piuttosto che i frati, alle ore liturgiche, non li cantassero, o almeno «non preoccupandosi della melodia della voce, ma della consonanza della mente, così che la voce concordi con la mente, la mente poi concordi con Dio, affinché́ possano piacere a Dio mediante la purezza del cuore, piuttosto che accarezzare gli orecchi del popolo con la mollezza della voce» (LOrd 41-42: FF 227). Più drastica è santa Chiara per le sorelle a S. Damiano: «leggendo senza canto» (RsC 3,1: FF 2766). Ma Francesco non si vergognava neppure di cantare in pubblico, se era per la gloria di Dio e l’edificazione dei fratelli. Come fece quella volta nella rocca di San Leo, ad una festa di cavalieri, quando salito su un muretto, così cantò e predicò: «Tanto è quel bene ch’io aspetto, che ogni pena m’è diletto», che non doveva essere proprio una canto da chiesa (FiorCons 1: FF 1897). Senza dimenticare che Francesco fu anche paroliere e musichiere, quando compose e fece cantare il Cantico di frate Sole (CAss 84: FF 1616). E senza dimenticare che alla fine tutti assieme, stonati e intonati, canteremo il “cantico nuovo”, quello dei salvati (Ap 14,3), autentico long seller, come Chiara promette ad Agnese di Praga (4LAg 3: FF 2899)!

(Alfabeti improbabili. A zonzo tra Bibbia e Fonti Francescane/8)

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ARTICOLO DI: Fabio Scarsato

“Fra Fabio Scarsato – Originario di Brescia, frate minore conventuale, è appassionato di san Francesco e francescanesimo, che declina come stile di vita personale e come testimonianza agli altri. È passato attraverso esperienze caritativo-sociali con minori e giovani in difficoltà, esperienze parrocchiali e santuariali nella trentina Val di Non (Sanzeno e S. Romedio), di insegnamento della spiritualità francescana, condivisione di esercizi spirituali e ritiri, grest e campiscuola anche intereligiosi, esperienze di eremo e silenzio. Attualmente vive al Villaggio S. Antonio di Noventa Padovana, ed è direttore editoriale del Messaggero di S. Antonio, del Messaggero dei ragazzi e delle Edizioni Messaggero Padova.”

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