D come… dottore!

D come… dottore!

Ahimé! Generalmente non è che dottori e medici facciano poi una bella figura tra le pagine della Bibbia e delle Fonti Francescane. Noi non sapremmo farne ormai a meno, e per nostra fortuna la medicina ha fatto enormi passi avanti, grazie a Dio e a tantissimi scienziati. È anche vero che ai tempi di Gesù e di san Francesco il concetto di “salute” e di “malattia” era un po’ diverso dal nostro. Forse persino un po’ più fatalista: la malattia c’era, faceva parte intimamente della vita e perciò con essa dovevi farne i conti. Il dolore fisico era connesso con la salute spirituale, magari esagerando concause, per esempio legando indebitamente malattia e peccato, ma nell’idea “ecologica” che noi siamo un tutt’uno. Perciò a quel tempo i medici erano un po’ scienziati e un po’ confessori. Non facevano miracoli, anzi, a volte proprio non erano in grado di proporre terapie efficaci. Allora bisognava rivolgersi a qualcun’altro… Come capitò alla donna cosiddetta “emorroissa”, che cioè da dodici anni soffriva di perdite di sangue. Situazione che la poneva anche in uno stato di impurità e perciò di intoccabilità (Mc 5,25-29). A Cafarnao «aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando». Così decide di ricorrere al “lembo del mantello” di Gesù. Al che, Gesù stesso certificherà la sua immediata guarigione!

Non molto meglio andò a Francesco, quella volta che un dottore si incaricò di guarirgli la malattia agli occhi che ormai lo accompagnava da quando era tornato dalla Terra Santa. Siamo all’eremo di Fontecolombo, nella valle Reatina. «Viene chiamato un chirurgo che giunge portando con sé il ferro per cauterizzare. Ordina che sia messo nel fuoco finché sia tutto arroventato. Il padre, per confortare il corpo già scosso dal terrore, così parla al fuoco: “Frate mio fuoco, di bellezza invidiabile fra tutte le creature, l’Altissimo ti ha creato vigoroso, bello e utile. Sii propizio a me in quest’ora, sii cortese!, perché da gran tempo ti ho amato nel Signore. Prego il Signore grande che ti ha creato di temperare ora il tuo calore in modo che io possa sopportare, se mi bruci con dolcezza”. Terminata la preghiera, traccia un segno di croce sul fuoco e poi aspetta intrepido. Il medico prende in mano il ferro incandescente e torrido, mentre i frati fuggono vinti dalla compassione. Il santo invece si offre pronto e sorridente al ferro. Il cauterio affonda crepitando nella carne viva e la bruciatura si estende a poco a poco dall’orecchio al sopracciglio» (2Cel 166: FF 752). Ciò nonostante non sembra che Francesco sia poi stato meglio, tant’è che morirà praticamente cieco.

Di ben altro medico, di nome Cristo (1Cel 8: FF 332), Francesco era consapevole di aver bisogno, e lo diceva ai frati (Rnb 5,8: FF 18; Lmin 15: FF 237), citando il Vangelo: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati» (Mt 9,12). Ma i medici si consolino: c’è uno di loro famoso nella storia francescana, il ministro generale Crescenzio da Iesi (Eccleston 88: FF 2513).

(Alfabeti improbabili. A zonzo tra Bibbia e Fonti Francescane/9)

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ARTICOLO DI: Fabio Scarsato

“Fra Fabio Scarsato – Originario di Brescia, frate minore conventuale, è appassionato di san Francesco e francescanesimo, che declina come stile di vita personale e come testimonianza agli altri. È passato attraverso esperienze caritativo-sociali con minori e giovani in difficoltà, esperienze parrocchiali e santuariali nella trentina Val di Non (Sanzeno e S. Romedio), di insegnamento della spiritualità francescana, condivisione di esercizi spirituali e ritiri, grest e campiscuola anche intereligiosi, esperienze di eremo e silenzio. Attualmente vive al Villaggio S. Antonio di Noventa Padovana, ed è direttore editoriale del Messaggero di S. Antonio, del Messaggero dei ragazzi e delle Edizioni Messaggero Padova.”

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