C come… capelli!

C come… capelli!

L’eterno dubbio: lunghi, come li portavano hippies e figli dei fiori, evidente rivolta contro l’ordine, appunto di coloro che invece li portavano tagliati corti e ben pettinati? Tagliati a spazzola o ingessati da abbondante gel? E le rappresentati del gentil sesso, ormai emancipate e avendo a disposizione parrucchieri bravi e moderni, non hanno che l’imbarazzo del taglio, del colore, della messa in piega. Con evidente difficoltà di scelta. Così però una “femme fatale”, piuttosto che una donna in carriera o una femminista, sono riconoscibili a distanza. A cominciare dalla testa (speriamo sia sopra che sotto il cuoio capelluto…). Anche i capelli, perciò, a loro modo, fanno il monaco. Sono tutti contati da Dio (Mt 10,30). Nella certezza comunque che tutti, calvi e cappelloni, siamo ricordati da Dio!
Era così anche nel mondo della Bibbia, dove i consacrati al Signore, per un voto dei genitori o per scelte vocazionali come i nazirei, non si tagliavano mai i capelli. Così, per esempio, Anna, futura madre del profeta Samuele, promette per il figlio: «io lo offrirò al Signore per tutti i giorni della sua vita e il rasoio non passerà sul suo capo» (Sam 1,11). Geremia è costretto a non tagliarseli anche in caso di lutto (Ger 16,5), cosa del resto prevista espressamente dalla Legge (Lv 19,27-28). I capelli possono anche servire all’innominata pubblica peccatrice per asciugare i piedi di Gesù (Lc 7,38). Paolo, invece, se li fa tagliare a zero per un voto (At 18,18).
Famosa è la vicenda di Sansone, nazireo e perciò con una lunga chioma, segno della sua fedeltà a Dio, e perciò “causa formale” della sua stessa forza sovrumana. Di cui erano i filistei a farne le spese. Finché, galeotta fu la donna, Sansone non si fece circuire, addormentare e rasare dalla bella Dalila, perdendo sia i capelli che la libertà (Gdc 13-16).
Nell’esperienza religiosa cristiana, il taglio dei capelli assurge a simbolo della consacrazione a Dio (almeno in occidente, mentre in oriente i monaci ancora sono soliti portare lunghi capelli). La notte della Domenica delle Palme, nel 1212 o 1213, Chiara scappa di casa e raggiunge Francesco e i suoi fratelli alla Porziuncola. Qui, deposte le sontuose vesti, «santo Francesco la tondì denante allo altare» (Proc 12,4: FF 3088), o, e sarebbe anche più bella come esperienza fraterna, «per mano dei frati» (LegsC 4: FF 3170). Chiara potrà difendersi dalle pretese dei suoi familiari a che se ne tornasse a casa, proprio mostrando «il capo rasato» (LegsC 5: FF 3173). E Francesco? «Il volto spregevole, la barba lunga, i capelli incolti, le sopracciglia nere e pendenti», tanto da far spaventare lo stesso papa (Ruggero 6: FF 2285). Il Celano conferma almeno il colore: «capelli oscuri» (1Cel 83: FF 465). Circa il taglio rituale dei capelli, la famosa tonsura che spetta anche a lui in quanto diacono, ha però idee tutte sue. Non voleva infatti che fosse larga come quella dei dottori in teologia o dei prelati, ma modesta per solidarietà con tutti i suoi frati, chierici o laici che fossero (2Cel 193: FF 779).
(Alfabeti improbabili. A zonzo tra Bibbia e Fonti Francescane/7)

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ARTICOLO DI: Fabio Scarsato

“Fra Fabio Scarsato – Originario di Brescia, frate minore conventuale, è appassionato di san Francesco e francescanesimo, che declina come stile di vita personale e come testimonianza agli altri. È passato attraverso esperienze caritativo-sociali con minori e giovani in difficoltà, esperienze parrocchiali e santuariali nella trentina Val di Non (Sanzeno e S. Romedio), di insegnamento della spiritualità francescana, condivisione di esercizi spirituali e ritiri, grest e campiscuola anche intereligiosi, esperienze di eremo e silenzio. Attualmente vive al Villaggio S. Antonio di Noventa Padovana, ed è direttore editoriale del Messaggero di S. Antonio, del Messaggero dei ragazzi e delle Edizioni Messaggero Padova.”

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