S come… scala!

S come… scala!

Una scala è fatta per salirvi e scendervi. E non per passarvi sotto, che appunto porta sfortuna. La vita lo è, e infatti c’è chi sale, pochi a dire il vero, e chi scende, tanti. Anche in paradiso ci si va salendo una scala. Non tutti, qualcuno incespica nei pioli e può cadere verso l’inferno. Di affreschi simili sono piene le chiese. La stessa spiritualità cristiana si è appropriata di questo simbolo, e Giovanni Climaco (dal greco climax, appunto “scala”!), monaco sinaitico del VII secolo, ci ha lasciato un testo inequivocabile, La scala del paradiso.

Il tutto a partire dalla scala più famosa della Bibbia, quella che il ramingo Giacobbe vede in sogno (Gen 28,10-22). Il figlio di Isacco ne ha combinate di tutti i colori: ha letteralmente rubato la primogenitura al fratello gemello Esaù con un piatto di lenticchie, ha imbrogliato spudoratamente il padre per carpirgli la benedizione. Ora è in fuga. La notte si ferma per dormire, «prese là una pietra, se la pose come guanciale e si coricò in quel luogo. Fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco, gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa». Sogno che diventa, perciò, promessa: di un paradiso che non è irrimediabilmente chiuso per nessuno, di un Dio che mai abbandona i suoi figli. Neanche l’imbroglione Giacobbe. Che erigerà una stele di pietra in quel luogo, a perenne memoria di ciò.

Anche nelle Fonti Francescane c’è una famosa scala, anch’essa vista in una pruriginosa visione da Chiara. Ce lo racconta sora Filippa, testimone al processo di canonizzazione della santa (Proc 3,29: FF 2995): Chiara sale lungo una scala, appoggiata ad un grande san Francesco, portando in mano un vaso di acqua calda e un asciugatoio, «et essendo pervenuta a santo Francesco, esso santo trasse dal suo seno una mammella e disse ad essa vergine Chiara: “Vieni, ricevi e suggi”. Et avendo lei succhiato, esso santo la ammoniva che suggesse un’altra volta; et essa suggendo, quello che de lì suggeva era tanto dolce e dilettevole che per nessuno modo lo poteria esplicare. Et avendo succhiato, quella rotondità ovvero bocca de la poppa, donde esce lo latte, remase intra li labbri de essa beata Chiara; e pigliando essa con le mani quello che li era remaso nella bocca, le pareva che fusse oro così chiaro e lucido, che ce se vedeva tutta, come quasi in uno specchio».

Perché, se Francesco da par suo «attraverso le orme, impresse nella natura, segue ovunque il Diletto e si fa scala di ogni cosa per giungere al suo trono» (2Cel 165: FF 750), e, allo stesso tempo, praticando il bene «come gli spiriti angelici sulla scala di Giacobbe, o saliva verso Dio o discendeva verso il prossimo» (LegM 13,1: FF 1222), è bene, come suggeriscono i sapienti, che «il tuo piede logori i gradini della porta del saggio» (Sir 6,36). Frequentando assiduamente i frammenti di paradiso che si spalancano sui nostri sentieri. Gli squarci di cielo che anche una Regola di vita può dare: «Francesco soleva dire che questa Regola era scala che sale al cielo» (Clar Prologo: FF 2153). (Alfabeti improbabili. A zonzo tra Bibbia e Fonti Francescane/2)

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ARTICOLO DI: Fabio Scarsato

“Fra Fabio Scarsato – Originario di Brescia, frate minore conventuale, è appassionato di san Francesco e francescanesimo, che declina come stile di vita personale e come testimonianza agli altri. È passato attraverso esperienze caritativo-sociali con minori e giovani in difficoltà, esperienze parrocchiali e santuariali nella trentina Val di Non (Sanzeno e S. Romedio), di insegnamento della spiritualità francescana, condivisione di esercizi spirituali e ritiri, grest e campiscuola anche intereligiosi, esperienze di eremo e silenzio. Attualmente vive al Villaggio S. Antonio di Noventa Padovana, ed è direttore editoriale del Messaggero di S. Antonio, del Messaggero dei ragazzi e delle Edizioni Messaggero Padova.”

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